Un giorno ricevette una lettera. Una lettera inattesa che lo
destò bruscamente dal suo sonno senza sogni.
“Mai possibile” si chiese il
dormiente ”che il timbro su questa lettera mi ricordi di una donna? Possibile
che sia proprio lei a scrivermi? Non sono fuggito abbastanza lontano dal mondo
e anche da lei?”
L’affetto di un’anima – o di un cuore se non si ha fede
nell’anima – nasce come una leggera pennellata di indelebile colore. Si distende
dolcemente sulla tela e rimane impressa.
L’affetto non muore come un fiore. Ne sbiadisce come il
ricordo di una stagione. Semplicemente resta. Finché una proiezione di luce
maestralmente riflessa sulla tela, proietterà in quell’anima - o cuore - un’emozione
di intensità pari solamente al ricordo di una vita quasi dimenticata.
“Conosco ahimè il
dramma del leggere questa lettera. Mi incatenerà mani e piedi. Farà si che mi
inginocchi davanti alla corte della mia stessa misericordia. E contro questa io
non conosco rivalsa.”
La vicenda curiosa di quest’uomo è che si era profondamente
convinto di avere guadagnato il diritto di essere lasciato in pace. Aveva amato
quando il suo cuore era giovane e giovane si innamorò ancora. Spesse volte
amava scoprire quante volte e da quante donne potesse essere amato. Finchè
scopri che il suo metodo da cavalletta
non gli era utile tanto per provare di essere come tutti degno e in
diritto di essere amato, quanto invece di convincersi alla fine che lui nemmeno
conosceva lo scopo dell’amare.
“Noia. A vestirmi. A pettinarmi. A pesarmi. Giudicarmi con
gli occhi degli altri. Addomesticarmi al sociale. Parlare.” “Ho smesso di
volere molte cose perché mi erano vacue e ora mi ritrovo una lettera in mano,
con il timbro che mi ricorda una donna e sotto questa mia appassita pelle scorgo un ricordo, come nutrissi per lei qualcosa di intenso e di indefinito. Sarà mai possibile che la
mano benevola, la luce del miracolo, giunga da lei? Possibile ancora sperare.
Forse che l’amore di una sola donna sia tutta la mia prossima vita?”
Aprì la busta con lentezza e l’avvicinò agli occhi per distinguere bene
le parole. Per leggerle una ad una. Le lesse commosso. Niente gli sembro avesse
più senso di quelle parole scritte da una donna e per lui pensate. Assaporò sincerità
e si nutrì di quanto letto. Appagato come un penitente raccolse la lettera a sé e sentì giungere un sonno guaritore, che forse lo avrebbe condotto a svegliarsi
con nel cuore una speranza.
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Impacciato nei modi
non sa nascondere il suo imbarazzo e fingere la vecchia arroganza. La guarda
davanti a sé e dice piccole sciocchezze. Lei lo comprende molto bene e non dice
molto. Vorrebbe che giunga a intuire da sé che può fidarsi di lei. Lui tenta
ancora di dimostrare che merita quell’amore con cui lo copre:
“Tu sei la mia più grande occasione. Credo che tu mi renda migliore. Tu mi fai venire voglia di migliorare, di essere bravo. E credo di poterci riuscire, con te. Credo di poterlo fare. E se vuoi avere paura va bene, ma abbi paura insieme a me.”
Mente. Appena sarà lontano da lei e potrà correre con le sue
gambe dimenticherà le parole dette, e le promesse che per quello sfuggente
istante è convinto di mantenere, per riconoscenza alla donna che in lui non ha
smesso di credere, alla donna per cui smetterà di combattere.
Allora le sue parole saranno solo e ancora una volta silenzio.
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