31 dicembre 2010

Di chi smette di combattere per una donna

Un uomo una volta smise di avere fede nella vita. La sua speranza si ridusse ad una tenua  nuvoletta di pensieri, che a stento scorgeva nell'orizzonte. Trascorreva i suoi giorni senza grandi preoccupazioni e senza preoccupazioni non aveva motivo ne di rallegrarsi ne di addolorarsi.
Un giorno ricevette una lettera. Una lettera inattesa che lo destò bruscamente dal suo sonno senza sogni. 

“Mai possibile” si chiese il dormiente ”che il timbro su questa lettera mi ricordi di una donna? Possibile che sia proprio lei a scrivermi? Non sono fuggito abbastanza lontano dal mondo e anche da lei?”

L’affetto di un’anima – o di un cuore se non si ha fede nell’anima – nasce come una leggera pennellata di indelebile colore. Si distende dolcemente sulla tela e rimane impressa.
L’affetto non muore come un fiore. Ne sbiadisce come il ricordo di una stagione. Semplicemente resta. Finché una proiezione di luce maestralmente riflessa sulla tela, proietterà in quell’anima - o cuore - un’emozione di intensità pari solamente al ricordo di una vita quasi dimenticata.

“Conosco ahimè  il dramma del leggere questa lettera. Mi incatenerà mani e piedi. Farà si che mi inginocchi davanti alla corte della mia stessa misericordia. E contro questa io non conosco rivalsa.”

La vicenda curiosa di quest’uomo è che si era profondamente convinto di avere guadagnato il diritto di essere lasciato in pace. Aveva amato quando il suo cuore era giovane e giovane si innamorò ancora. Spesse volte amava scoprire quante volte e da quante donne potesse essere amato. Finchè scopri che il suo metodo da cavalletta  non gli era utile tanto per provare di essere come tutti degno e in diritto di essere amato, quanto invece di convincersi alla fine che lui nemmeno conosceva lo scopo dell’amare.

“Noia. A vestirmi. A pettinarmi. A pesarmi. Giudicarmi con gli occhi degli altri. Addomesticarmi al sociale. Parlare.” “Ho smesso di volere molte cose perché mi erano vacue e ora mi ritrovo una lettera in mano, con il timbro che mi ricorda una donna e sotto questa mia appassita pelle scorgo un ricordo, come nutrissi per lei qualcosa di intenso e di indefinito. Sarà mai possibile che la mano benevola, la luce del miracolo, giunga da lei? Possibile ancora sperare. Forse che l’amore di una sola donna sia tutta la mia prossima vita?”

Aprì la busta con lentezza e l’avvicinò agli occhi per distinguere bene le parole. Per leggerle una ad una. Le lesse commosso. Niente gli sembro avesse più senso di quelle parole scritte da una donna e per lui pensate. Assaporò sincerità e si nutrì di quanto letto. Appagato come un penitente raccolse la lettera a sé e sentì giungere un sonno guaritore, che forse lo avrebbe condotto a svegliarsi con nel cuore una speranza.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - 

 Impacciato nei modi non sa nascondere il suo imbarazzo e fingere la vecchia arroganza. La guarda davanti a sé e dice piccole sciocchezze. Lei lo comprende molto bene e non dice molto. Vorrebbe che giunga a intuire da sé che può fidarsi di lei. Lui tenta ancora di dimostrare che merita quell’amore con cui lo copre:

“Tu sei la mia più grande occasione. Credo che tu mi renda migliore. Tu mi fai venire voglia di migliorare, di essere bravo. E credo di poterci riuscire, con te. Credo di poterlo fare. E se vuoi avere paura va bene, ma abbi paura insieme a me.”

Mente. Appena sarà lontano da lei e potrà correre con le sue gambe dimenticherà le parole dette, e le promesse che per quello sfuggente istante è convinto di mantenere, per riconoscenza alla donna che in lui non ha smesso di credere, alla donna per cui smetterà di combattere.
Allora le sue parole saranno solo e ancora una volta silenzio. 

Nessun commento:

Posta un commento